Il Crocifisso Ligneo conservato nella parrocchia di Scandolara Ravara

Rappresentazione artistica di Cristo crocifisso, scolpita nel legno.

Immagine principale

Descrizione

Uno studio approfondito condotto dal prof. Giorgio Milanesi, Ricercatore dell’Università di Parma, ha analizzato il crocifisso ligneo della Parrocchiale di Scandolara Ravara, attraverso una serie di confronti, per cercare di risolvere alcuni problemi di carattere storiografico e metodologico.
Il nodo centrale della questione, riguarda la datazione, focalizzando l’attenzione sul contributo di Giorgio Voltini (1991), il quale ha analizzato l’opera cremonese in occasione della mostra del 1991 tenutasi a Mantova.
Oltre alla datazione, un grosso problema è dato dal fatto che si sono conservati pochissimi esemplari di intaglio medievale per poter fare dei confronti: il legno, infatti è un materiale più soggetto al deperimento rispetto ad altre tecniche artistiche (De Francovich).
Negli ultimi anni si è attestato, che la produzione lignea era quantitativamente superiore, soprattutto per due motivi: il costo relativamente basso e la sua leggerezza (Curzi), che consente una maggior facilità nel trasportare le diverse manifatture; proprio per queste motivazioni, si viene a considerare l’arte lignea come un’arte popolare.
Uno studioso come Enzo Carli, ha analizzato alcuni crocifissi italiani medievali, ponendoli a confronto con sculture di produzione tedesca, tirolese e francese, riscontrando che i più antichi non risalivano oltre il XII secolo.
Le domande che dobbiamo porci sono: è legittimo studiare la scultura in legno attraverso quella in pietra? Partendo dal presupposto che esiti analoghi tra scultura lapidea e scultura lignea non sono opera di un medesimo atelier, esse potrebbero derivare da un modello comune, eventualmente eburneo o pittorico?
Ritornando a Scandolara, Voltini data il crocifisso agli inizi del XII secolo, proponendo come modello di riferimento la cultura tedesca-ottoniana, su confronti della scultura in bronzo di fine XI secolo e sui crocifissi lignei di pieno XII secolo; è altrettanto evidente, che una cronologia del XII secolo, si scontra con la possibilità di considerare anche il modello francese.
Attualmente, il crocifisso, si trova sopra la porta d’ingresso della sagrestia nel transetto destro della parrocchiale; esso doveva essere una croce pensile, sospesa all’arco trionfale, in una chiesa sicuramente differente dall’attuale.
Il Cristo è fissato con tre chiodi alla croce, quest’ultima non originale per le differenti proporzioni rispetto al corpo e per la lavorazione a pialla moderna; anche l’aureola è recente, doveva sostituire una corona, come lo si nota dal particolare della nuca.
È un Cristo che ha gli occhi semiaperti e la bocca serrata, rappresentazione di un uomo morente, uomo che però non palesa la natura terrena di Gesù sofferente per le torture subite.
Passando, poi, ad un’analisi stilistica del corpo: le braccia sono innestate in corrispondenza delle spalle mentre il capo, le gambe e il busto, caratterizzati da una rigida geometria, sono intagliati in un tronco unico. Questa peculiarità la si può vedere nella “V” capovolta, grossolanamente resa da due sottili linee orizzontali, intesa ad evidenziare il costato ed a sottolineare l’attacco dell’addome, caratterizzato da un ombelico, reso da un grezzo lavoro di trapano e da due ossa del bacino esageratamente sporgenti.
Osservandolo riscontriamo, un’anomalia della resa volumetrica negli arti inferiori: i piedi del Cristo sono fissati con un unico chiodo, e le anche si trovano sulla stessa orizzontale, per questo motivo, per riequilibrare l’opera si è intagliata una gamba più lunga dell’altra, la sinistra, ponendo il capo reclinato leggermente verso destra e le mani, di discreta qualità plastica, fissate alla croce ad altezze leggermente differenti.
Fissati questi elementi, Milanesi dimostra come sia troppo limitante prendere a riferimento sola la produzione di area tedesca di XI e XII secolo; solo osservando la produzione lignea italiana tra XI e XIII secolo, troveremo facili e numerosi confronti soprattutto tipologici.
Per questo motivo, Milanesi, attribuisce un confronto tra il nostro crocifisso e quello della parrocchiale di Gressoney-Saint-Jean, in Val d’Aosta, del Maestro del Paliotto di Courmayeur, databile attorno al 1200-1210: l’accentuato grafismo del costato, il ventre molto pronunciato, l’innaturale incrocio delle gambe e dei piedi, fanno pensare a molte similitudini col crocifisso cremonese. Altro confronto fatto è stato col crocifisso di Forstenried, nel sobborgo meridionale di Monaco di Baviera, datato al 1200, comparato in base alla postura degli arti inferiori, il modo con cui la cintura tiene legato il perizoma e, soprattutto, la particolare realizzazione dei capelli all’altezza della nuca.
Da questi confronti, Milanesi, ipotizza una datazione differente da quella agli inizi del XII secolo (Voltini), per ritenere più ragionevole posticipare la cronologia del pezzo di Scandolara ai primi tre/quattrodecenni circa del XIII secolo e comunque entro la metà del secolo.
Altro nodo cruciale di questo studio è dovuto alle ragioni della presenza di un oggetto con simili riferimenti culturali nel territorio cremonese.
Come abbiamo già detto, il nostro crocifisso, doveva appartenere ad un edificio diverso, chiesa che tutti gli studiosi hanno individuato in quella che è oggi dedicata a Santa Maria della Pace o, più semplicemente, “chiesa vecchia”.
Il primo documento che tratta di questo edificio è una bolla di papa Innocenzo II del 1132, diretta al priorato cluniacense di San Gabriele a Cremona, nella quale vengono elencate le dipendenze del monastero: tra queste è compresa la «Capellam Sancte Marie» in Scandolara Ravara.
Per intercessione della consorte Matilde e dell’abate di Cluny, l’imperatore Enrico V, il 29 maggio 1116, pone sotto «tutela et mundiburdio» imperiale la pieve di San Pietro di Gurata, nella quale Scandolara Ravara ricadeva nella sua circoscrizione plebana.
Proprio per il ritrovamento di questi dati, Milanesi ipotizza che la cappella di Santa Maria fosse legata al priorato di San Gabriele a Cremona già prima del 1116 e che avesse continuato ad essere legata a San Gabriele fino al XVI secolo, quando quest’ultima si trasforma in chiesa cittadina.
Per questo motivo si è ipotizzato che l’eventuale tramite per l’arrivo in area periferica cremonese di un crocifisso su modello mosano, possa essere individuato proprio nell’appartenenza all’Ordine di Cluny, probabilmente attraverso la presenza nel priorato cittadino di opere mosano-lorenesi che possono essere giunte a Cremona grazie a monaci cluniacensi.
Altro elemento che può sottolineare l’ipotesi di Milanesi è la grande quantità di oreficeria appunto mosana che poteva giungere in Pianura Padana attraverso la mediazione dei monasteri, oggetti che sono stati impiegati come modelli anche per i Cristi mosani databili tra la fine del XII e la prima metà del XIII (Gnudi).
Per concludere possiamo parlare di un artista locale, di modesta qualità che ha intagliato il Cristo ricavando in modo eterogeneo elementi stilistici differenti: l’ incapacità artigianale, il tenore grafico generale e la rigidità volumetrica, sembrano riprendere modelli vagamente “antelamici”; molto più attento alla resa naturalistica, mosano-borgognona, in cui è possibile identificare una serie di oggetti di oreficeria renano-ottoniana precedentemente giunti nel territorio.
Un’opera dunque il cui carattere “provinciale”, segnala l’incapacità di elaborare una “lingua” propria e originale.

https://www.unionemunicipia.it/scandolara-ravara/#:~:text=di%20Scandolara%20Ravara%E2%80%9D-,Visualizza%20l%E2%80%99intero%20articolo,-Territorio

Modalità di accesso:

Accesso libero 

Indirizzo

Contatti

  • Email: comune.scandolara-ravara@pec.regione.lombardia.it
  • Telefono: 0375 95101

Pagina aggiornata il 15/07/2024